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Dopo i tagli, forniture sanitarie col contagocce: così i pazienti si
arrangiano


Atene si è svegliata ieri sotto un cielo plumbeo e una gigantesca scritta srotolata ai piedi del Partenone contro la «dittatura dei monopolisti dell’Unione europea», firmata da comunisti del Kke. Un’azione dimostrativa che sarebbe piaciuta all’eroe dell’era dei colonnelli, l’irriducibile Alexandros Panagulis, che nei racconti che ne fece Oriana Fallaci sognava ancora di minacciare di far saltare l’Acropoli quando era già deputato. Ma il tema della presunta dittatura, l’improprio paragone con il sanguinario regime militare che finì quasi 40 anni fa torna spesso nei manifesti di queste settimane, negli slogan che vengono gridati nelle piazze del centro che si sono riempite anche ieri di sindacalisti, studenti e lavoratori in guerra contro il nuovo, ennesimo piano di austerità del governo.
A sfilare con loro c’è spesso Elias Sioras, un signore con la barba bianca, due grandi occhi azzurri e la voce pacata, che è anche uno dei volti più noti della crisi greca. Sioras è un famoso cardiologo iscritto al sindacato più vicino ai comunisti, il Pame, ma è soprattutto il presidente dell’organizzazione dei lavoratori del più grande ospedale di Atene, Evangelismos. Il medico è spesso ospite della televisione greca nei programmi di approfondimento sulla recessione. Uno dei settori più colpiti dai tagli, infatti, è quello della sanità. «Con conseguenze devastanti sulla salute dei cittadini», sostiene il medico.


Il pubblico al verde
Sioras ci ha accolto nel suo piccolo ufficio al quarto piano dell’ospedale Evangelismos. La prima domanda è su una voce che circola con insistenza da mesi. Gli chiediamo se è vero che mancano i medicinali e gli altri prodotti essenziali negli ospedali, a causa della crisi. Non più tardi di qualche settimana fa a Salonicco sono state addirittura le aziende sanitarie locali a lanciare l’allarme, a diffondere un comunicato in cui si denunciava la carenza di reagenti per le analisi, di siringhe e l’urgenza di sostituire alcuni macchinari. Il problema, scandisce Sioras, «Ã¨ quando la priorità non è più la salute del cittadino, ma far quadrare il bilancio. Certo, è vero, persino in un grande ospedale di una grande capitale come questo dove lavoro io, la gente è costretta ogni tanto a portarsi la carta igienica, o gli aghi, o l’acqua da casa. Solo per fare un esempio che risale a ieri, abbiamo dovuto aspettare giorni per sostituire il toner per le stampanti. E non potevamo stampare i risultati delle analisi cliniche».

La lobby dei privati
Il nuovo memorandum che passerà oggi pomeriggio all’esame del Parlamento prevede un nuovo taglio alle spese sanitarie di 1,1 miliardi. E quella per i farmaci sarà ridotta dall’1,9 all’1,5 per cento del Pil. Sioras fa un sorriso amaro e qualche conto sulle punte delle dita, «prima della crisi la Grecia spendeva 25 miliardi di euro per la sanità, metà privata e metà pubblica. Adesso hanno decurtato 5,5 miliardi sui 12,5 destinati a quella pubblica. In più hanno precarizzato il lavoro e non fanno più concorsi. E su 1.300 farmaci che prima erano gratis, hanno introdotto un ticket». Come se non bastasse, Sioras denuncia un trattamento di favore per le strutture private. Sostiene che «per incoraggiare la trasformazione delle strutture pubbliche in strutture autonome e convenzionate, insomma per spingere alla privatizzazione lo Stato regala il 20 per cento su ogni rimborso a queste strutture. Per legge».


Il risultato di questo combinato disposto di novità anche introdotte dall’accetta del risanamento «Ã¨ che il pronto soccorso è sempre pieno di gente che non ha più i soldi per andare dai medici privati e che spera così anche di aggirare il ticket e le lunghe file per gli esami».


La ressa in attesa
Effettivamente la calca al pronto soccorso, quando siamo entrati, era impressionante: «ormai è tipico, tutti i giorni è così: si immagini se ci dovesse mai essere un’emergenza in città – sarebbe la catastrofe!». La categoria dei medici è anche una delle più colpite dai tagli agli stipendi introdotti da due anni per i dipendenti pubblici: dopo una prima sforbiciata del 25 per cento si arriverà presto al 35, sostiene il cardiologo. E anche gli infermieri prendono già un quarto dello stipendio in meno in busta paga.

Un altro, drammatico capitolo è quello dei farmaci. Gira voce che qualche collega stia facendo una sorta di disobbedienza civile perché l’austerity costringe le strutture pubbliche e i medici anche a comprare e a prescrivere medicinali scadenti. Sioras annuisce lentamente. «Non so se c’è qualcuno che sta facendo questo, onestamente, e non posso commentarlo. Ma so che siamo obbligati sia a usare qui in ospedale, sia a prescrivere ai pazienti che dimettiamo e che sono coperti dall’assistenza pubblica farmaci non buoni o generici di dubbia provenienza. Una tendenza molto preoccupante». (La Stampa 12 febbraio 2012)

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