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Alla scoperta dell'ultima Tribù





LA DENUNCIA UNA STRAGE SILENZIOSA L'Onu: meta' del mondo non e' per le donne Il ''gendercidio'', punta avanzata della discriminazione sessuale

Correva l'anno 1985, quando la studiosa americana MARY ANNE WARREN denunciava, pioniera, i rischi dello sterminio volontario di un genere sessuale nel saggio «Gendercide: The Implications of Sex Selection». E' passato un quarto di secolo e lungi dal rivelarsi un'iperbolica previsione, il «gendercidio», punta avanzata della crescente violenza contro le donne, si e' trasformato in drammatica attualita'. Ieri cinque agenzie dell'Onu hanno firmato a Ginevra una dichiarazione contro l'aborto selettivo delle bambine diffusissimo in Asia sud-orientale, mentre uno studio del Fondazione Thomson Reuters rilascia ora la classifica dei Paesi piu' pericolosi per la popolazione femminile, uccisa prima o dopo la nascita, socialmente discriminata o marginalizzata fino al silenzio. E' noto che poverta' e sottosviluppo non favoriscano le pari opportunita'. Con l'87% delle donne analfabete e il 70% costrette a matrimoni combinati, l'Afghanistan guida la lista nera della Fondazione Reuters. Seguono il Congo con l'orrendo primato di 1152 stupri al giorno, il Pakistan degli oltre mille delitti d'onore l'anno, l'India e i suoi 3 milioni di prostitute, il 40% delle quali minorenni, e la Somalia, dove il 95% delle ragazze ha subito mutilazioni genitali. Eppure il benessere economico non sembra serva da antidoto contro la mattanza, che gia' nel 1990 il Nobel Amartya Sen stimava aver impoverito il mondo di almeno 100 milioni di esseri femminili. Taiwan e Singapore, per dire, sono campioni di crescita, ma mostrano una sproporzione nel numero di fiocchi azzurri che sarebbe biologicamente impossibile senza l'intervento umano. C'e' poi la Cina, dove secondo la Chinese Academy of Sociale Sciences entro il 2020 un uomo su 5 non potra' sposarsi per mancanza di potenziali mogli, decimate dalla selezione «innaturale» che gia' oggi «produce» 134 neonati ogni 100 neonate. Sbaglierebbe anche chi attribuisse la moria al perdurare atemporale del comunismo o alla famigerata politica del figlio unico. Il fenomeno infatti e' in ascesa anche nei Paesi a dir poco allergici all'eredita' sovietica, come Armenia, Azerbaijan e Georgia, o nella modernissima India, modello globalmente esaltato di democrazia liberista. «Crescere una figlia e' come innaffiare l'orto del vicino», recita un proverbio indu', alludendo all'inutile investimento sulla prole destinata alla famiglia del futuro marito. Il risultato e' che la piu' grande democrazia della Terra guadagna capacita' tecnologica, ma perde ogni anno 600 mila bambine (piu' esposte a morte precoce perche' trascurate). E non conta che dal 1994 il governo abbia bandito l'aborto selettivo: se un tempo la diagnosi prenatale costava 110 dollari e prometteva ai genitori di far risparmiare i 1100 dollari della dote, oggi con 12 dollari lo scANNEr a ultrasuoni e' alla portata dei meno abbienti e piu' interessati ad allevare braccia maschili. Figurarsi gli altri, benestanti e dunque convinti a riprodursi in modo contenuto e ottimale in termini di benefici futuri. Il tutto con buona pace della legalita'. L'impressione di studiosi come il demografo dell'American Enterprise Institute Nick Eberstadt e' dunque che il «gendercidio» abbia poco a che fare con l'arretratezza economica e culturale, ma dipenda piuttosto dall'atavica preferenza per il maschio, dal boom delle famiglie ridotte e dalle tecnologie diagnostiche, una miscela letale di pregiudizi antichi e nuovi bisogni. Qualcuno in realta' comincia gia' ad invertire la marcia. La Corea del Sud, fino al 1990 assestata su standard cinesi, ha compensato il dislivello maschi-femmine con un'impennata di matrimoni misti, che dal 2008 sono oltre l'11% del totale. L'alternativa e' l'aggressivita' macha di citta' come Pechino, dove negli ultimi 20 anni la delinquenza e' raddoppiata, o Mumbai, con gli uomini senza donne responsabili per almeno un decimo dell'aumento dei crimini. L'emancipazione femminile batte in ritirata? Al ritmo di due passi avanti e uno indietro c'e' da sperare. Sebbene la crisi abbia colpito l'occupazione rosa e la violenza domestica avvicini tristemente Oriente e Occidente, un rapporto della Casa Bianca rivela che le donne contemporanee si laureano e brillano nel lavoro piu' dei maschi. Certo, i loro stipendi sono fermi al 70% di quelli dei colleghi ma gradi e responsabilita' combaciano. La sfida e' di genere, il pericolo pero' riguarda tutti: se crolla quella che Mao definiva l'altra meta' del cielo e' difficile che sotto qualcuno sopravviva. (La Stampa 16 giugno 2011)

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