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Eventi 2011: Rionero - Fondazione Fortunato - 2^ Sessione

Fondazione Fortunato - Convegno di studi:
"Giustino Fortunato e l'Unità d'Italia"

Sabato 17 Settembre 2011
Abbazia di Monticchio













A RIONERO RIFLESSIONE SU FORTUNATO E L’UNIFICAZIONE D’ITALIA
Un interessante convegno promosso dalla Fondazione “Giustino Fortunato”


“Giustino Fortunato e l’Unità d’Italia”, questo l’interessante tema del convegno di studi promosso a Rionero in Vulture dalla “Fondazione Giustino Fortunato” ed egregiamente organizzato dalla Biblioteca comunale “Giustino Fortunato” con l’Ufficio Cultura del Comune, nell’ambito del 150° anniversario dell’unità nazionale, con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Calabria e di Lucania e con il patrocinio della Regione Basilicata, della Provincia di Potenza, dell’Università degli Studi della Basilicata e del Centro Annali per una Storia Sociale della Basificata “Nino Calice”.  L’importante evento, di notevole spessore culturale, si è svolto in due sessioni: la prima, il 16 settembre scorso, presso il Palazzo Fortunato e la seconda, il giorno successivo, presso l’Abbazia di San Michele di Monticchio.
A trattare la complessa tematica sul pensiero (e l’azione) di Giustino Fortunato, in merito al processo unitario e le sue conseguenze politiche, sociali ed economiche, sono stati chiamati illustri studiosi ed autorevoli cattedratici delle università di Roma, di Napoli, di Catania e della Tuscia/Viterbo.
La Fondazione Giustino Fortunato - fanno sapere gli organizzatori - intende promuovere la conoscenza e la riflessione intorno alla personalità intellettuale e politica dell’insigne meridionalista di Rionero in Vulture, che diede un grande contributo alla conoscenza delle reali condizioni economiche e sociali del Mezzogiorno, dall’unificazione nazionale agli anni trenta del Novecento”.
Ma quale è stata la valutazione del Fortunato in merito all’Unità d’Italia?
” L’Unità d’Italia è stata e sarà, ne ho fede invitta, la nostra ( dei meridionali, ndr) redenzione morale. Ma è stata purtroppo, la nostra rovina economica. Noi eravamo, nel 1860, in floridissime condizioni per un risveglio economico, sano e profittevole. L’Unità ci ha perduti. E c’è di peggio: tutto il macchinario dello stato presente, se è tollerabile dalle forze dell’Alta Italia, è intollerabile dalle esauste nostre forze.  E come se questo non bastasse, è provato, contrariamente all’opinione di tutti, che lo Stato italiano profonde i suoi benefici finanziari nelle province settentrionali in misura maggiore che nelle meridionali”.
Così Giustino Fortunato ( 1848-1932) scriveva a Pasquale Villari (1826-1917) in una lettera del 2 settembre 1899.
Pur con tale amara constatazione il grande meridionalista rionerese restò sempre nell’incrollabile convinzione che solo l’unità d’Italia poteva salvare il Mezzogiorno dalla sua arretratezza economica, sociale e culturale. Come pure era ben consapevole dell’efficienza della macchina amministrativa dello Stato unitario che faceva capo ad onesti e scrupolosi funzionari settentrionali verso i quali, tuttavia, non risparmiava, il Fortunato, “frecciatine” ironiche sul loro scarso bagaglio culturale e sulla quasi nessuna conoscenza dell’ex Stato Borbonico. “Eppure - ripeteva spesso don Giustino - quanto dobbiamo loro! Così onesti, coscienziosi, così fedeli alle leggi dell’onore, così testardi nel loro attaccamento alla libertà libera…”. Qualità, queste, che evidentemente mancavano alla classe dirigente e amministrativa del Mezzogiorno.
Il meridionalista e parlamentare di Rionero, da acuto e severo uomo politico, basava la sua analisi su accurate ricerche statistiche di un altro grande lucano, il melfitano Francesco Saverio Nitti ( 1868-1953) che, nel 1900, pubblicò il volume “Nord e Sud. Prime linee di una inchiesta sulla ripartizione territoriale delle entrate e delle spese dallo Stato d’Italia”. In tale opera Nitti diede precise risposte, in maniera documentata e con cifre alla mano, ad un quesito che si auto poneva: “L’Unità d’Italia ha prodotto uguali benefici al Nord e al Sud ?”.  Nitti risponde dimostrando la falsità di uno dei peggiori pregiudizi dei settentrionali, specialmente dei signori lombardi, quelli cioè, secondo cui i meridionali non pagavano le imposte e scialacquavano sul bilancio dello Stato. Egli con la sua opera prova e testimonia il contrario, dimostrando l’autenticità della questione meridionale.
Ciò nonostante Giustino Fortunato fu e rimase un unitarista senza se e senza ma, convinto che il Risorgimento avrebbe consentito all’Italia di entrare nella modernità; timoroso, però, che “Lo stellone d’Italia”, che aveva consentito il miracolo dell’Unità della nazione, ci abbandonasse.


Fu, pertanto, sempre contrario ad ogni forma di localismo ( anche regionale) nel timore che l’Unità della nazione potesse andare in frantumi e non solo. Profetico il suo giudizio sul decentramento regionale: ” Ma se, invece – scrisse - per decentramento amministrativo propriamente detto, voi intendete, come intende la “Giunta esecutiva del Comitato lombardo pel Decentramento”, l’attribuire ai capi locali, più o meno autonomi, vere proprie funzioni di Stato; se di codeste funzioni volete loro commettere, insieme, la deliberazione e la esecuzione, io non esito un solo istante a respingere lungi da me, nell’interesse stesso di quelli fra i miei corregionali che più soffrono e più lavorano, un dono siffatto. (…) che renderebbe una volta, poderosa, odiosa clientela delle classi dominanti e, l’Italia stessa un oggetto di lusso, fatto per chi possiede e chi comanda, i signori, i ricchi, i pubblici funzionari e gli uomini politici”. Parole sante, per ieri e, forse, di più per oggi, dal momento che il Mezzogiorno è rimasto uno sfasciume pendulo sul mare più per colpa degli uomini che della natura, come è stato sostenuto.


La complessa e poliedrica personalità di Giustino Fortunato, nel corso dei due giorni del convegno, è stata analizzata a vasto raggio, a largo spettro, non tanto e non solo nel pensiero e nelle opere, ormai noti a più, quanto nel “percorso” della sua formazione culturale e politica, determinata anche dalla conoscenza storica ed ambientale del Mezzogiorno d’Italia (quale socio del Club Alpino percorse per alcuni anni, dal 1878, a piedi in lungo e in largo “ tutta intera la terra meridionale”, scrivendo le sue magnifiche “corrispondenze)”. Non si è trascurato il riferimento  alle forti personalità che influirono sulla sua formazione culturale, storica e politica (da Luigi Settembrini a Francesco De Sanctis, Gaetano Salvemini ecc.), richiamando anche i tanti illustri studiosi che subirono l’influenza del suo pensiero, da Manlio Rossi Doria,  Giuseppe Catenacci, Nino Calice ed altri.
Un convegno di grande valenza storica culturale, dunque, per l’apporto eccezionale dato, portando anche  elementi innovativ,i alla conoscenza dell’Uomo come parlamentare, studioso e profondo conoscitore della realtà del Mezzogiorno, il quale  ha rappresentato in maniera lucida la “Questione Meridionale”, vale a dire l’esistenza delle“due Italie”e il loro divario. Tutto ciò è emerso grazie alle brillanti ed esaustive relazioni degli illustri cattedratici intervenuti.
Riportare, seppure per sommi capi e senza fare torto a nessuno, il contenuto delle varie relazioni in un solo articolo di giornale è opera assai difficoltosa, anzi impossibile. Pertanto chiediamo venia agli illustri relatori se dobbiamo limitarci a riportare solo i loro nomi e il tema degli interventi.


La prima sessione del convegno (nell’angusta sala di Palazzo Fortunato), sotto la presidenza del prof. Guido Pesconsolido, è stata aperta dai saluti istituzionali da parte del sindaco di Rionero in Vulture Antonio Placido, del presidente della Fondazione Carical, Mario Bozzo, del prof. Rienzi, in sostituzione del rettore dell’ Università della Basilicata Mauro Fiorentino, e del presidente della Provincia di Potenza Piero Lacorazza. Il presidente della Giunta regionale Vito De Filippo ha fatto pervenire un messaggio di saluti e di buon lavoro.
Hanno fatto seguito le interessanti ed ampie relazioni del prof. Francesco Barbagallo dell’Università degli studi di Napoli “Federico II” sul tema”Fortunato, l’Unità d’Italia ed il Mezzogiorno”, del prof. Giampaolo D’Andrea dell’Università degli Studi di Basilicata su “Il Risorgimento di Fortunato”, del prof. Giuseppe Barone dell’Università degli Studi di Catania su “Dal Regno borbonico allo Stato italiano”, del prof. Andrea Giannola dell’Università “ Federico II” di Napoli su “Il rapporto Nord-Sud prima e dopo l’Unità”. Applaudita la rappresentazione teatrale di un  dialogo fra Giustino Fortunato e Francesco Saverio Nitti (attori Gennaro Tritto e Raffaele Castria), con la regia di Giampiero Francese. 


Nel corso della seconda sessione (tenutasi nell’ampia chiesa dell’Abbazia di San Michele di Monticchio), presente un folto ed attento uditorio, sotto l’accorta presidenza del prof. Francesco Barbagallo, hanno svolto le loro magnifiche relazioni la prof.ssa Lea D’Antonedell’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma su “ L’ambiente e il territorio meridionale”, il prof. Luigi Compagna della LUISS Guido Carli di Roma su “Fortunato e il brigantaggio”, il prof. Luigi Musella dell’Ateno “Federico II” di Napoli su “ I problemi dell’unificazione”, il prof. Marco Paolino dell’Università degli Studi della Tuscia, Viterbo su “ Le classi dirigenti meridionali”, il prof. Guido Pesconsilido dell’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma su “ Fortunato e l’ANIMI”, l’Associazione Nazionale per gl’Interessi del Mezzogiorno, di cui il parlamentare rionerese è stato uno dei fondatori, munifico sostenitore e presidente per un certo periodo.


Un’ utile occasione di riflessione non solo per conoscere ed approfondire la personalità del Fortunato, il suo pensiero politico, la sua multiforme attività di studioso, il suo giudizio sul Risorgimento di cui non approvava del tutto il come si era svolto, ma di cui fu strenuo difensore del suo valore per la rinascita non solo del Mezzogiorno ma dell’intera Italia in grado di entrare, alla pari, fra le grandi nazioni europee, ma soprattutto per trarne i dovuti insegnamenti anche per il presente e per il futuro della nazione. Riflettere sul vecchio e sul nuovo meridionalismo, proiettato nell’area mediterranea.


Non per niente Fortunato è stato implacabile nel denunciare l’inefficienza, la pochezza e l’inadeguatezza della classe dirigente del suo tempo, il debito dello Stato Italiano nei confronti del Mezzogiorno e da invocarne una moralmente sana e in grado di condurre la nazione a traguardi di progresso e di giustizia sociale.
Indicativo e lungimirante il suo auspicio riguardo ai giovani: “Vorrà almeno la gioventù non ancora ascritta alle chiese militanti, e che io mi auguro non sorda alle voci ammonitrici, se anche deboli, perché amo vederla onestamente libera di giudizio e di coscienza, insorgere ( è questo il Fortunato conservatore? ndr) contro le insanie di una politica senza propositi, o con propositi ostinatamente contradditori, e richiedere, prima d’ogni cosa, quella semplicità di vita nazionale, quella purificazione di tutti i privilegi, sian volti al basso od all’altro, onde solo sia possibile al Mezzogiorno (all’Italia intera, ndr) diventare meno gramo?”.
Un massaggio e un augurio indubbiamente valido ancora oggi.

Michele Traficante

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