Segnalazioni in Primo Piano: Al prof. Vittorio Prinzi il Premio Saggistica Storica Lucana (Premio Letterario Basilicata)
Un’interessante e accurata operazione di ricucitura tra memoria e storia locale:
è il merito del volume "Viggiano e la Grande Guerra. Storia e memoria"
(Dibuono edizioni) del prof. Vittorio Prinzi al quale è stato assegnato il Premio di
Saggistica storica lucana, dedicato allo storico potentino Tommaso Pedìo, per
l’edizione 2020 del Premio Letterario Basilicata.
Il trauma della Prima Guerra Mondiale contribuì più di ogni altro evento, delle
stesse guerre del Risorgimento, alla vera unità italiana, facendo in modo che le
più lontane province del Sud si sentissero vicine alle città e ai centri del Nord.
Questo sforzo unitario, questa trasformazione collettiva è “leggibile” nelle
pagine del saggio di Vittorio Prinzi, già autore dello studio “La massoneria in
Basilicata. Dal decennio francese all’avvento del fascismo”, che con il testo
premiato si conferma tra i più attenti studiosi di storia locale, con un merito
sicuramente innovativo: la capacità di far dialogare la storia locale con i grandi
avvenimenti storici nazionali.
Il volume, prima di tutto, salda un debito di riconoscenza tra Prinzi e la propria
comunità, della quale è stato amministratore pubblico e nella quale ha svolto
per molti anni la sua professione di docente di liceo. Attraverso un’interessante
operazione di ricerca negli archivi locali, l’autore si è cimentato con successo
nella sistematizzazione rigorosa di dati quantitativi e qualitativi sul contributo
offerto dai viggianesi alla Grande guerra, decantando informazioni provenienti
da fonti diverse (archivi pubblici, fonti a stampa, memorialistica, fonti
iconografiche e monumentali) e provando a mettere ordine tra testimonianze
evidentemente disomogenee.
Particolarmente interessanti risultano le pagine dedicate alla mobilitazione
militare: a tutti i 354 arruolati viggianesi, tra i quali 58 caduti, Prinzi dedica una
minuziosa scheda frutto di faticose ricerche negli archivi
comunali, provinciali e militari. Uno dei dati che traspare da questa
appassionata ricostruzione storica è che la partecipazione delle masse
meridionali alla Grande Guerra non fu un fatto passivo.
Certamente ci furono grande resistenze all’arruolamento, come si evince dai dati sulla renitenza alla leva, il non rispondere alla chiamata o perché emigrati all’estero e quindi fingere di non avere un recapito certo, o perché nascosti in qualche remota campagna Del fronte interno, inoltre, sono ricostruiti aspetti particolarmente significativi, come quelli legati alla pratica della requisizione di animali, alla creazione dei Comitati di assistenza, alla concessione di sussidi, all’apertura di un asilo di guerra per figli di militari, al complesso e farraginoso funzionamento della rete degli uffici notizie, agli approvvigionamenti e alla partecipazione dei viggianesi alla campagna per i prestiti nazionali. Molto opportunamente, inoltre, l’indagine procede ramificando nel tempo lungo del dopoguerra, nel delicato tentativo di leggere i segni indelebili del conflitto e il culto della memoria, tra elaborazioni collettive, istinti celebrativi comunitari, necessità di cristallizzare i ricordi e meno nobili strumentalizzazioni politiche. Nel libro troviamo il prezzo pagato dai lucani per un’altra epidemia, di cui spesso in questi tempi si fanno riferimenti, l’influenza spagnola. Soltanto nel 1918, osserva Prinzi, “furono 5.005, pari a 1112,2 per 100.000 abitanti, il più elevato tasso di mortalità dell’intero paese”.
Certamente ci furono grande resistenze all’arruolamento, come si evince dai dati sulla renitenza alla leva, il non rispondere alla chiamata o perché emigrati all’estero e quindi fingere di non avere un recapito certo, o perché nascosti in qualche remota campagna Del fronte interno, inoltre, sono ricostruiti aspetti particolarmente significativi, come quelli legati alla pratica della requisizione di animali, alla creazione dei Comitati di assistenza, alla concessione di sussidi, all’apertura di un asilo di guerra per figli di militari, al complesso e farraginoso funzionamento della rete degli uffici notizie, agli approvvigionamenti e alla partecipazione dei viggianesi alla campagna per i prestiti nazionali. Molto opportunamente, inoltre, l’indagine procede ramificando nel tempo lungo del dopoguerra, nel delicato tentativo di leggere i segni indelebili del conflitto e il culto della memoria, tra elaborazioni collettive, istinti celebrativi comunitari, necessità di cristallizzare i ricordi e meno nobili strumentalizzazioni politiche. Nel libro troviamo il prezzo pagato dai lucani per un’altra epidemia, di cui spesso in questi tempi si fanno riferimenti, l’influenza spagnola. Soltanto nel 1918, osserva Prinzi, “furono 5.005, pari a 1112,2 per 100.000 abitanti, il più elevato tasso di mortalità dell’intero paese”.
A Viggiano tra il 1911 e il 1921 la popolazione si abbassò da 4030 a 3777 a causa principalmente dell’epidemia di spagnola. Ciò non impedì tuttavia che dal paese della Val d’Agri e dalla Lucania partissero cospicue sottoscrizioni in favore delle zone liberate e delle famiglie dei caduti. Segno che la terra dove più forti erano state le insorgenze antirisorgimentali era ormai integrata nel discorso nazionale. Il volume di Vittorio Prinzi, pertanto, anche in virtù di una scrittura piana e gradevole si pone come sussidio storiografico per lettori diversi, dai cultori di storia, agli appassionati di vicende locali, agli storici di professione, offrendo nel denso susseguirsi delle pagine tanto il racconto, quanto un non trascurabile apparato iconografico di buona qualità, accompagnato da una ricognizione, spesso di prima mano, di informazioni e dati accuratamente raccolti e sapientemente organizzati in chiave storiografica.
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