Delle due l'una. O la questione vaccini è come il grado di ebollizione dell'acqua, cioè una incontestabile verità, o sulla materia c'è un deficit di informazione grosso come una casa. Perché in queste ore assistiamo ad un vero e proprio monologo a favore delle vaccinazioni obbligatorie, al punto che è parso del tutto naturale estenderle da quattro a dodici nella sola fascia d'età 0-6, quale compensazione alle concessioni ottenute dal Ministero dell'Istruzione.
Un po' come al mercato dei cammelli. Non si trova un laureato in medicina, in farmacia o in biologia, che levi la minima critica, il sano pungolo del dubbio. Per forza, verrebbe radiato all'istante. Oppure rieducato al verbo del Ministero della Salute, come lo saranno i genitori che non vaccinino i figli passato l'obbligo della scuola d'infanzia, obbligati a frequentare corsi di formazione che evocano scenari degni del metodo ludovico di kubrickiana memoria. Sorte forse peggiore per i giornalisti che si azzardino ad intavolare sul tema un confronto serio: tuoni e fulmini sulle loro carriere, Report sia da monito. Se questa è la strategia con la quale si vuole persuadere il gregge, con il termine tecnico che la scienza medica usa a tal proposito, forse non si hanno ancora ben chiari i meccanismi con cui oggi, nel bene e nel male, si forma l'opinione pubblica delle persone.