Mi autoregolamento, anzi no
E' curioso l'attacco da parte di quasi tutti i partiti politici alla Commissione Antimafia, per la sua relazione sullo stato delle liste elettorali regionali. Innanzitutto perché il codice che essa applica è stato approvato all'unanimità dai suoi componenti, rappresentanti l'intero arco parlamentare, e trasmesso alle camere nel settembre scorso*, neppure un anno fa, senza levar proteste degne di nota.
In secondo luogo perché l'elenco dei candidati ritenuti non presentabili, che comprende sì anche i destinatari di semplice avviso di garanzia ma sempre e solo per fattispecie mafiose di reato, riguarda esclusivamente le forze politiche che hanno deciso di aderire spontaneamente, trattandosi appunto di un codice di autoregolamentazione che, al contrario della Legge Severino, non ha alcun valore impositivo. La Commissione Antimafia ha eseguito il compito solo per chi glielo ha richiesto. Ovvio poi che la pubblicazione dell'elenco avvenga prima del voto, perché avendo esso la mera natura di “valutazione di carattere strettamente etico e politico”, non avrebbe senso divulgarlo a votazioni concluse, impedendo così l'eventuale sanzione sociale, non esistendone alcuna di natura giuridica, da parte del cittadino elettore. La sensazione è che i partiti abbiano pensato di esibire uno stemma, quello dell'antimafia, certi poi di non pagarne pegno e oggi si infuriano scoprendo il contrario. Una rabbia anche spudorata nei modi e frutto forse della consapevolezza che un certo clima di assedio nei loro confronti, di cui Beppe Grillo era senza dubbio un catalizzatore, sta virando (non a caso?) verso altri bersagli.