Nel “Foglio volante - La Flugfolio” di gennaio 2015, che con questo
numero entra nel XXX anno di vita, compaiono testi di Lucia Barbagallo, Loretta
Bonucci, Aldo Cervo, Georges Dumoutiers, Modestino Festa, Alessandro Fo, Amerigo
Iannacone, Giuseppe Napolitano, Franco Orlandini, Dario Piccirilli, Andrea
Pugiotto, Gerardo Vacana, Mario Volpe.
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Riportiamo, qui di seguito, l’articolo di apertura,un poesia di
Alessandro Fo e altri due brevi testi.
Libero
Bigiaretti si spense a Roma, in tarda età, nel maggio 1993; era nato, nel 1906,
nella quieta ed agreste provincia maceratese, a Matelica. La lasciò
giovanissimo, per andare a Roma; ma gli rimarrà sempre nel cuore, insieme con
la campagna circostante.
Nella
capitale, terminati gli studi al liceo artistico, Bigiaretti esercitò diversi
mestieri, lavorando anche in cantieri edili; divenne disegnatore, pittore e
giornalista. Nel 1942 il racconto Esterina
gli aprí le porte del mondo letterario. Dal 1952 al 1964 si trasferí ad Ivrea,
dove diresse l’ufficio stampa all’Olivetti. Ottenne il Premio Viareggio, nel
1968, con il romanzo La controfigura.
Nel
periodo antecedente i racconti e i romanzi, che gli diedero rinomanza,
Bigiaretti aveva fatto conoscere, attraverso diverse riviste, le sue poesie,
raccolte poi nelle sillogi Ore e stagioni
e Care ombre, pubblicate a Roma,
rispettivamente nel 1936 e nel 1940. Nei suoi versi equilibrati e tersi
compaiono frequenti atteggiamenti leopardiani. Il giovane poeta si rasserena
quando si volge all’incanto del cielo stellato, alla «confidente figura
dell’Orsa», al «Carro agli occhi consueto». Ma, soprattutto, seguendo il
conterraneo Recanatese, egli richiama le “ricordanze”, mitizzando gli anni
innocenti.
«Di un
segreto rifugio si lusinga / memoria ...»: è questo un passo esemplificativo di
gran parte della poesia di Bigiaretti, il quale ritorna ai giorni, in cui,
nella campagna, aveva fatto le prime sensazionali scoperte d. «vegetali
meraviglie». Guardava ammirato, nel campo, le ombrose querce, come pure, nella
stalla, le mucche dal placido respiro: le une e le altre, «grandi» ai suoi
occhi. Durante la trebbiatura vedeva sorgere, nell’aia biondeggiante di pula e
di paglia, «le sagome antiche dei pagliai»; ascoltava, nelle feste
contadinesche, il suono «d’organetto gaio e dolente» e il canto degli
stornellatori.
Nella
raccolta Care ombre, Bigiaretti ha rivelato
l’aspro contrasto da lui provato nei confronti dell’alienante contesto urbano;
e la terra marchigiana gli è riapparsa, allora, con i suoi orizzonti di
libertà, come «perduto paradiso», in cui era stato schietto il respiro: da là
gli giungeva «l’eco di fanciullezza / cara piú che amoroso ricordo» ... L’eco
del «tempo di piedi scalzi / nell’acqua fredda dei fossi», di prati e di
aquiloni; dell’estate odorosa di fieno e fiorita di trifoglio, durante la
quale, «ogni grido del gallo alla primalba / era l’avviso d’un felice
giorno»...
Il
poeta ha dichiarato apertamente: «Mai la città mi renderà straniero / al mio
paese.» E questo non soltanto per manifestare un sentimento, un rimpianto
nostalgico, ma per riconoscere il paese e l’ambiente rurale, quali custodi di
un ethos basato su genuini valori, nei quali era agevole immedesimarsi.
Attraverso la funzione gratificante della memoria, sono ricorrenti le azioni
dell’ideale ritorno alle origini: trasmigrare, rammentarsi, rituffarsi,
risentire, rivivere, riscoprire, risuscitare...
Bigiaretti,
nondimeno, come tanti altri marchigiani immigrati nella capitale, era pervenuto
ad un buon ambientamento; del nucleo ispirativo romano fanno parte molti
racconti e romanzi, in cui viene trattata una variegata problematica sia individuale
sia sociale. Il Nostro si riteneva uno scrittore realista, «sia pure in
un’accezione particolare», come gli piaceva precisare. Cercava, infatti, di
affrancarsi dalle secche della grezza realtà, facendosi attento ai sottili
mutamenti dell’animo umano, all’analisi dei caratteri, all’indagine
psicologica; sconfinava, talora, nel lirismo e nel fantastico, mèmore delle
«dolci apparenze», nelle quali aveva tante volte confidato.
D’altra
parte, nel rappresentare la società contemporanea, Bigiaretti ha sentito spesso
di dover assumere il compito morale di contestarne gli aspetti piú lacerati e
stridenti, come mosso dall’intima esigenza di sincerità, di autenticità, che
gli derivava dalle sue incancellabili radici.
Franco Orlandini
Arcangelo blu
Ali celesti le nubi sul Campo
fra veli e stracci di tenero bianco
nel delicato azzurro.
Che sera,
dopo la pioggia, a prima primavera,
festa di luce per l’ora legale.
In chiesa
lei scosta a volte le braccia, appena appena
a palme al cielo, come un Redentore
statua africana della compostezza
Dio è, cosí, una volta di piú,
anche una giovane e bella donna nera
che sottile e elegante
snella s’impone nel cappotto blu.
Alessandro Fo
Siena
Appunti e spunti
Annotazioni linguistiche
di Amerigo Iannacone
Il fattore disumano
«Human
Factor, una nuova convention» titolano i giornali. Di che nazione si parla? –
vi chiederete – degli Stati Uniti? della Gran Bretagna? dell’Australia? dell’India?
No, siamo lontani dalla verità: si parla della nostra Italia. “Human factor” è
la nuova “convention” lanciata da Niki Vendola, come «risposta alla Leopolda
renziana».
Se
Renzi parla di jobs act, di premier, di governance, di austerity,
di tax credit, se parla di news sul wall e cosí via, io che faccio
– si sarà detto il Nichi – rispondo in italiano? con rischio che non mi capisca.
Mi devo adeguare. E cosí viene fuori la “convention”, che già lascia una certa
aria di mistero su che cosa sia, e poi vuoi mettere la sciccheria di “Human
Factor”? Una sciccheria che già si erano inventati quei geni della televisione
col cialtronesco “X-factor”.
E
mo vediamo chI lo sa fare meglio il servo degli Stati Uniti.
… E trenta
Trenta.
Cifra tonda. Il Foglio volante entra
nel trentesimo anno. Rispetto al
gennaio 1986, quando il Foglio nasceva, abbiamo trent’anni in più, un po’ di
chili in più, un po’ di acciacchi in più, un po’ di capelli in meno, ma ci
rimane ancora un certo entusiasmo per portare avanti le idee in cui crediamo.
La
strada percorsa è stata lunga e a tratti difficoltosa, ma perché no?, anche
gratificante. E un merito credo che Il
Foglio volante possa rivendicare: quello di aver creato una rete di amicizie
letterarie.
Molte
le firme che si sono succedute e alternate su un foglio graficamente modesto,
ma in un certo senso anche ambizioso. Tra queste firme, come i nostri lettori
sanno, anche molti nomi importanti, di rilievo in campo internazionale.
Continuate
a seguirci, cari lettori, e noi ci sforzeremo di non deludervi.
Amerigo
Iannacone